Il nuovo concetto di residenza fiscale

A cura della Redazione

Il Dlgs 27 dicembre 2023, n. 209 ha dato attuazione alla L. 9 agosto 2023, n. 111 con la quale è stata conferita al Governo la delega per rivedere il sistema tributario nazionale, per uniformarlo ai principi previsti dall’ordinamento dell’Unione europea, dall’OCSE e dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia. 

A tal fine, il legislatore ha modificato l’art.2 del TUIR sulla residenza fiscale delle persone fisiche e l’art. 73 relativo alle società e agli enti. 

L’Agenzia delle entrate è intervenuta con la circolare n. 20/E del 4 novembre 2024, che fa salvi alcuni chiarimenti contenuti nella circ. 25/E del 18 agosto 2023 per quanto compatibili con le nuove norme. 

Il concetto di residenza fiscale previgente Per comprendere la portata delle modifiche introdotte dal Dlgs 209/2023 è opportuno partire dall’originario art. 2, c. 2 del TUIR (applicabile fino al 31 dicembre 2023). Secondo la norma previgente si consideravano residenti fiscalmente in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia 183 giorni in un anno o 184 giorni in caso di anno bisestile): 

  • erano iscritte nell’anagrafe della popolazione residente; 

  • avevano nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio; 

  • avevano nel territorio dello Stato italiano la propria residenza. 

È bene evidenziare che le tre condizioni erano tra loro alternative, con la conseguenza che anche la sussistenza di una sola delle stesse era sufficiente a radicare la residenza fiscale di una persona nel territorio dello Stato. 

Inoltre, per identificare le condizioni della residenza e del domicilio il legislatore rinviava all’art. 43 c.c. secondo cui: 

  • Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. 

  • La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale (che secondo l'art. 144 c.c. è l'indirizzo della vita familiare). 

Il nuovo concetto di residenza fiscaleCome ricordato all’inizio, il Dlgs 209/2023 ha riformulato l’art. 2 del TUIR che adesso prevede che si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia 183 giorni in un anno o 184 giorni in caso di anno bisestile), tenuto conto anche delle frazioni di giorno (è questa una delle novità di maggiore rilievo del nuovo testo) 

- hanno la residenza, ai sensi del Codice civile, nel territorio dello Stato; 

- hanno il domicilio, nel territorio dello Stato;  

- sono presenti nel territorio dello Stato;  

A queste tre condizioni si aggiunge sempre quella dell’essere iscritte nell’anagrafe della popolazione residente (sempre per la maggior parte del periodo d’imposta). 

Il Dlgs 209/2023 pur modificando sostanzialmente la norma del TUIR conferma che le condizioni sono alternative tra loro. 

In luogo del riferimento alla nozione di domicilio contenuta nell'art.43 c.c., viene introdotto un nuovo concetto di “domicilio” che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.  

Viene introdotta anche la presunzione di residenza, salvo prova contraria, per le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente. 

Come chiarito già nella circolare ministeriale 2 dicembre 1997, n. 304, per configurare la residenza non è necessaria la continuità o definitività della dimora abituale, con la conseguenza che periodi anche prolungati di assenza non ne escludono il radicamento in Italia.  

Anche la giurisprudenza (Cass. n. 435/1973) ritiene che la residenza non venga meno per assenze più o meno prolungate, dovute alle particolari esigenze della vita moderna, quali ragioni di studio, di lavoro, di cura o di svago. 

Al fine di far comprendere la portata della nuova disposizione normativa, l’Agenzia delle entrate propone l’esempio che segue. 

Nel 2024, anno bisestile, qualora una persona che precedentemente non era residente in Italia fosse presente nel territorio dello Stato per i seguenti giorni non consecutivi: 

  • dall’11 al 31 gennaio (21 giorni); 

  • dal 5 al 10 febbraio (6 giorni);  

  • dal 1° al 30 aprile (30 giorni);  

  • dal 12 al 26 maggio (15 giorni);  

  • dal 1° giugno al 31 luglio (61 giorni);  

  • dal 1° ottobre al 31 ottobre (31 giorni);  

  • dal 5 novembre al 12 novembre (8 giorni);  

  • il 27 novembre (1 giorno);  

  • dal 2 al 12 dicembre (11 giorni),  

avrà configurato il criterio della presenza fisica in Italia per complessivi 184 giorni e, pertanto, per il periodo d’imposta 2024 sarà considerata fiscalmente residente in Italia. 

Un altro esempio fa riferimento a una persona già fiscalmente residente in Italia che nel 2024 dimora abitualmente nel nostro Stato fino al 29 febbraio. 

Il 1° marzo si trasferisce in uno Stato estero ove dimora abitualmente fino al 29 agosto, per ritornare il 30 agosto alla propria dimora abituale italiana e permanervi fino alla fine dell’anno. 

Tale persona, avendo avuto la propria dimora abituale in Italia per complessivi 184 giorni nel corso dell’anno, anche se non sono consecutivi, manterrà la residenza fiscale nel nostro Stato per il periodo d’imposta 2024. 

Il Dlgs 209/2023 ha modificato le condizioni in presenza delle quali una persona si considera fiscalmente residente in Italia. Di seguito le vediamo nel dettaglio. 

Criterio del domicilioPer tale si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. 

A differenza della previgente versione dell’art. 2 del TUIR che rimandata al Codice civile, adesso non si fa più menzione al centro degli affari e degli interessi. 

Il motivo, si legge nella relazione di accompagnamento del DLGS 209/2023, è quello di «ridurre l’ampio contenzioso tributario venutosi a creare negli ultimi anni in virtù del rinvio contenuto nel vigente articolo 2 del TUIR al domicilio civilistico». 

Secondo l’Agenzia delle entrate, nella nozione di “relazioni personali e familiari” rientrano: 

- i rapporti tipici disciplinati dalle vigenti disposizioni normative (come, ad esempio, il rapporto di coniugio o il rapporto di unione civile); 

- le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità che esprimono un radicamento con il territorio dello Stato (ad esempio, nel caso di coppie conviventi); 

- i rapporti sociali del contribuente nella misura in cui risulti da elementi certi (es: iscrizione annuale a un circolo culturale e sportivo). 

Devono inoltre essere considerate le condotte con le quali una persona manifesta con atti concreti la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano. 

Si pensi ad esempio ad una persona che si iscrive all’AIRE e inizia a lavorare all’estero, ma mantiene a propria disposizione, a qualunque titolo, una casa in Italia, lasciandovi attive le relative utenze, nella quale continua a rientrare nei fine settimana e dove trascorre alcuni periodi di astensione dal lavoro.  

Tali circostanze possono rappresentare elementi sintomatici del mantenimento di un legame stretto con il nostro Stato e potrebbero dar luogo alla configurazione del domicilio nel nostro Paese. 

Va, altresì, tenuto conto che la crescente mobilità delle persone fisiche può rendere più complessa l’individuazione della residenza, laddove i medesimi criteri si verifichino in Stati differenti (vedi sotto). 

Esempio: 

Tizio mantiene contemporaneamente in Italia e nello Stato Beta un’abitazione di proprietà.  

Nell’abitazione italiana sono presenti i figli di Tizio, nati da un primo matrimonio, mentre nella casa situata nello Stato Beta vive l’attuale coniuge di Tizio.  

Quest’ultimo lavora ordinariamente in Italia, si reca frequentemente in vari Paesi per viaggi professionali nonché nello Stato Beta durante i fine settimana e i periodi di astensione dal lavoro.  

Durante l’anno, Tizio permane mediamente 145 giorni in Italia, 120 giorni nello Stato Beta e 100 giorni in altri Paesi. 

In tal caso, si ritiene che un utile criterio possa essere individuato nel periodo di permanenza fisica sul territorio dello Stato.  

Nella fattispecie in esame, quindi, Tizio risulterebbe residente in Italia. 

A tal proposito l’Agenzia delle entrate evidenzia che si ritengono superate le indicazioni fornite in merito al domicilio con la circolare 25/E del 2023, anche se gli stessi risultano ancora validi per i precedenti periodi d’imposta. 

Criterio della presenza fisica in Italia - Alla residenza civilistica, al domicilio e all’iscrizione anagrafica, il Decreto legislativo 209/2023 ha affiancato un nuovo e autonomo criterio di radicamento della residenza basato sulla presenza in Italia. 

Si tratta di un criterio oggettivo, il quale richiede esclusivamente la presenza fisica di un soggetto nel territorio dello Stato italiano, a prescindere dalle motivazioni di tale presenza e senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri previsti dall’articolo 2, comma 2, del TUIR. 

Ai fini del conteggio della permanenza nel territorio dello Stato (ossia 183 gg o 184 gg se bisestile), rilevano anche le frazioni di giorno. 

L’Agenzia delle entrate propone i seguenti esempi: 

- persona fisica che trascorre in Italia la maggior parte del periodo d’imposta, anche se in modalità frazionata, per vacanza, o per motivi di studio, oppure per far visita ad amici o parenti. 

- persona fisica che viene a svolgere la propria attività lavorativa, sia essa di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa, nel territorio del nostro Stato, pur mantenendo la residenza (anche a fini anagrafici), la famiglia e ogni altro legame affettivo e personale all’estero. 

Nel caso in cui la presenza fisica risulti da una pluralità di dati fattuali, il contribuente potrà dimostrare, con documenti aventi eguale valenza probatoria, di avere effettivamente trascorso in Italia periodi che, cumulativamente considerati, non consentono di raggiungere il limite minimo di permanenza nel nostro Paese per la configurazione della residenza in Italia. 

Si pensi ad un contribuente, non iscritto nell’anagrafe della popolazione residente e privo di residenza e di domicilio nel territorio dello Stato, che giunge in Italia con un aeroplano che atterra alle ore 23:00 del giorno 1° luglio 2024 (anno bisestile) per restare ininterrottamente nel territorio dello Stato fino alle ore 01:00 del giorno 31 dicembre 2024. Anche i giorni del 1° luglio e del 31 dicembre 2024 sono considerati interamente, nonostante il contribuente abbia trascorso nel territorio dello Stato una sola ora in ciascuna giornata.  

Ne consegue che, avendo integrato il requisito della presenza fisica per 184 giorni, il contribuente è considerato fiscalmente residente in Italia per il 2024. 

La circolare sottolinea che per escludere la residenza in Italia, sono valutate particolari situazioni in cui la presenza sul territorio dello Stato è meramente temporanea od occasionale (Es: non rileva il semplice scalo aereo nel territorio nazionale dovuto a una coincidenza per recarsi in un Paese estero). 

Lavoratori in smart working (lavoro da remoto) 

I criteri di determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche restano quelli previsti dall’articolo 2 del TUIR e non subiscono alcun mutamento per coloro che svolgono un’attività lavorativa in smart working.  

In altri termini, le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non incidono sui criteri di determinazione della residenza fiscale, che restano ancorati all’integrazione di almeno una delle suesposte condizioni di cui all’articolo 2 del TUIR.  

A tal riguardo è opportuno distingue il lavoratore che svolge il lavoro agile dall’Italia da quello che svolge l’attività lavorativa da remoto dall’estero. 

Nel primo caso è necessario verificare la sussistenza di almeno uno dei criteri di cui all’art.2, c. 2 del TUIR.  

Pertanto, la permanenza in Italia del lavoratore in smart working per 183 (o 184, in caso di anno bisestile) giorni determina, di per sé, la residenza fiscale nel nostro Paese. 

Se il lavoratore in smart working ha radicato la propria residenza fiscale nel territorio dello Stato, dovrà assoggettare a tassazione in Italia tutti i suoi redditi, ovunque prodotti, e non solo quelli derivanti dalla propria attività lavorativa, salva che sia diversamente disposto dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni.  

Nel secondo caso (lavoratori in smart working dall’estero), si considerano residenti fiscalmente in Italia anche quelli che, pur lavorando in smart working da uno Stato estero, dove sono fisicamente presenti per 183 giorni l’anno (184 giorni se anno bisestile), soddisfino per la maggior parte del periodo d’imposta almeno uno degli altri tre criteri di collegamento individuati dall’articolo 2, comma 2, del TUIR (ossia mantengano la loro residenza civilistica o il loro domicilio in Italia ovvero risultino iscritti nell’anagrafe della popolazione residente).  

In conclusione, non è detto che, se un lavoratore svolge l’attività in smart working dall’estero non può essere considerato residente fiscalmente in Italia.  

Criterio dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente - L’iscrizione anagrafica nella versione originaria determinava una presunzione assoluta (fatta salva l’applicazione di eventuali accordi internazionali) che, tenuto conto dell’alternatività dei criteri di collegamento, non poteva essere confutata contestando l’assenza di dimora abituale o domicilio nel territorio dello Stato. 

In breve, il legislatore, nella versione originaria, riteneva fiscalmente residente in Italia, una persona che risultava semplicemente iscritta all’anagrafe della popolazione residente. 

La nuova disposizione conferisce l’efficacia di presunzione relativa a tale condizione, lasciando al contribuente la possibilità della prova contraria. 

Di conseguenza, la persona iscritta nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta continua a essere considerata fiscalmente residente in Italia, a meno che sia in grado di dimostrare che non sussiste nessuno degli altri criteri alternativi dell’art. 2, c. 2 del TUIR (ossia, per la maggior parte del periodo di imposta, non ha avuto in Italia né la residenza civilistica, né il domicilio e non è stato presente fisicamente nel territorio dello Stato).  

Residenza e imposizione fiscale - Una volta che sia stato verificato se un soggetto è residente, trova applicazione l’articolo 3, comma 1, del TUIR, secondo cui le persone residenti in Italia devono sottoporre ad imposizione nel nostro Paese tutti i loro redditi, ovunque prodotti (c.d. worldwide taxation principle).   

Presunzione legale di residenza fiscale (Paesi Black List) Si evidenzia che il Dlgs 209/2023 non ha modificato l’art.2, c. 2-bis del TUIR il cui testo rimane invariato. 

In particolare, la norma prevede che, salvo prova contraria, si considerano residenti in Italia le persone cancellate dall’anagrafe della popolazione residente in Italia e trasferite in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati nel decreto del Ministro delle Finanze del 4 maggio 1999 (c.d. presunzione relativa di residenza fiscale).  

Soltanto la piena dimostrazione, da parte del contribuente, della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel paese fiscalmente privilegiato, indipendentemente dall’assolvimento nello stesso paese di obblighi fiscali, attestano il venire meno della residenza fiscale in Italia e la conseguente legittimità della posizione di non residente (Circ. A.E. 140/1999)”.  

Pertanto, anche a seguito della formale iscrizione all’Anagrafe degli Italiani residenti all’estero (AIRE), nei confronti di cittadini trasferiti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata continua a sussistere una presunzione (seppur relativa) di residenza fiscale in Italia. 

Si ricorda che il DM 20/07/2023 ha eliminato la Svizzera dall’elenco dei Paesi a fiscalità privilegiata (gli effetti decorrono dal 2024).  

Regimi fiscali agevolati e trasferimento di residenza 

La determinazione della residenza fiscale è importante anche al fine dell'applicazione dei benefici fiscali riconosciuti a chi la trasferisce in Italia. Si tratta di: 

  • Opzione per imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero da parte di persone fisiche che trasferiscono in Italia la residenza fiscale (art.24-bis TUIR); 

  • Opzione per imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero da parte di pensionati che trasferiscono in Italia la residenza fiscale (art.24-ter TUIR); 

  • Regime fiscale agevolato per i lavoratori impatriati 

I predetti tre regimi agevolati hanno in comune il fatto che il soggetto non deve avere avuto in Italia la residenza fiscale per un certo numero di periodi d'imposta. 

A tal riguardo, l'accertamento della residenza fiscale in Italia andrà valutato: 

  • Secondo il nuovo art.2, c. 2 del TUIR per i periodi d'imposta dal 1/01/2024; 

  • Secondo il previgente art.2, c. 2 del TUIR per i periodi d'imposta fino al 31/12/2023. 

Resta fermo che il contribuente iscritto all'anagrafe della popolazione residente può sempre provare di aver avuto la residenza fiscale all'estero ai sensi della convenzione contro le doppie imposizioni.  

La residenza fiscale nelle convenzioni contro le doppie imposizioni - La determinazione della legislazione applicabile non può prescindere dalla disposizioni contenute nelle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con i singoli Stati esteri, la cui prevalenza sul diritto interno è pacificamente riconosciuta nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, sancita dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, oltre ad essere stata affermata dalla giurisprudenza costituzionale (si vedano, sentenze della Corte Cost. 26 novembre 2009, n. 311, e 24 ottobre 2007 n. 348 e n. 349).  

L’espressione “residente in uno stato contraente” contenuta nell’art. 4 del Modello di Convenzione OCSE (e presente nei vari trattati internazionali) designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta a motivo del suo domicilio, residenza, sede di direzione o di ogni altro criterio di natura analoga. Tuttavia, tale espressione non comprende le persone che sono assoggettate ad imposta in questo Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato. 

Per l’individuazione della residenza fiscale si rimanda, dunque, innanzitutto alla definizione adottata nella legislazione degli Stati contraenti.  

Nel caso in cui le normative dei singoli Stati contraenti siano in contrasto tra loro, qualificando entrambe una persona come residente, il conflitto viene risolto con l’attribuzione della residenza ad uno solo dei due paesi mediante l’applicazione, secondo un criterio gerarchico, delle c.d. tie breaker rules. 

Queste ultime identificano i criteri di collegamento della persona allo stato. Quindi, una volta che uno di essi trova riscontro in uno solo dei due paesi, quello diventa lo stato di residenza fiscale.   

In particolare, la determinazione della residenza fiscale in base alle tie breaker rules avviene prendendo in considerazione, in ordine gerarchico:  

  • Abitazione permanente (inteso come l’immobile attrezzato e reso idoneo ad una lunga permanenza); 

  • Centro degli interessi vitali (ossia le relazioni personali ed economiche più strette); 

  • Soggiorno abituale (e quindi la dimora abituale); 

  • Nazionalità; 

  • Accordo tra le competenti autorità dei due Paesi contraenti.  

Al fine di comprendere come trovano applicazione le tie breaker rules si veda il seguente caso: 

Lavoratori dipendenti residenti in uno Stato (es: Francia) confinante con l’Italia che, quotidianamente, varcano la frontiera tra i due Paesi per venire a svolgere la propria attività lavorativa nel nostro Stato. 

In base al nuovo criterio della presenza fisica (anche per frazioni di giorno), è possibile che tali soggetti, essendo spesso presenti in Italia nella maggior parte dei giorni dell’anno (ripetiamo anche se solo per una frazione degli stessi), finiscano col radicare la loro residenza fiscale nel nostro Stato ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR. 

In questo caso se i lavoratori dovessero qualificarsi come fiscalmente residenti anche nello Stato di provenienza (es: Francia) ai sensi della relativa normativa interna, il conflitto di residenza con l’Italia potrà essere risolto applicando le tie breaker rules contenute nella Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa dal nostro Stato.  

Entrata in vigore – Le nuove regole trovano applicazione dal 1° gennaio 2024. Per i periodi d’imposta fino al 2023 (compreso), invece, continua a trovare applicazione la disciplina previgente contenuta nell’art.2, c. 2 del TUIR. 

Ne deriva che, fino al 31 dicembre 2023, per le persone che hanno mantenuto l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta, continua a operare la presunzione assoluta di residenza, con i temperamenti circa l’applicabilità delle tie breaker rules previste dalla Convenzioni internazionali. 

Medesimo discorso vale per quanti in passato sono stati considerati residenti avendo integrato, per la maggior parte del periodo d’imposta, il criterio del domicilio inteso nella previgente accezione civilistica. Questi mantengono la residenza in Italia fino al periodo d’imposta 2023 e devono verificare, solo a partire dal 1° gennaio 2024, se integrano la nuova nozione di domicilio (o altro criterio di cui alla nuova formulazione dell’articolo 2, comma 2, del TUIR). 

 

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